Vedere con il cuore

Nel 2008 ebbi la fortuna di avere in classe, in un istituto d'arte ad indirizzo pittorico un ragazzino molto ma molto bravo con un handicap che gli aveva portato via l'uso della parola, l'utilizzo di un arto e altre piccole minorazioni, il ragazzo era particolarmente portato per le arti, e le arti erano il suo modo principale d'espressione.
In classe avevamo una mediatrice della lingua LIS ed io, curiosa dalla nascita, decisi di avvicinarmi al suo mondo e a quello della sua diversità, che per me si dimostrò una possibilità unica.
QUELLA MALATTIA CHE  LO AVEVA IMPOVERITO DI ALCUNI SENSI, COME SUCCEDE SPESSO, MI AVEVA ARRICCHITO.
Ero molto attratta dai segni di quella ragazza che traduceva tutto quello che io dicevo, ma io mi sentivo in difetto a non riuscire a comunicare con lui, ero io la sua insegnante, e dovevo io imparare da lui.
Chiesi alla traduttrice di parlare con tutta la classe e di insegnare a tutti noi la terminologia tecnica, poco dopo ci eravamo tutti appassionati a quei gesti e alla fine dell'ora applaudivamo alzando le mani in celo e muovendole.
quella situazione e quelle poche parole imparate in quella situazione mi fecero venire voglia di approfondire le "diversità".
Io sono sempre stata negata con le lingue quindi pensai che per me sarebbe stata una bella occasione imaparare una lingua diversa e una diversa realtà e come il caso vuole, qualche anno dopo, arrivò la possibilità di imparare il Braille.
Nella mia scuola un'associazione di volontariato faceva dei corsi di "avvio alla lettura e alla scrittura Braille per normovedenti" sembrò il corso fatto per me. Fu così che imparai una lingua per me difficile.
A lezione andavo con la mia amica di sempre, Tiziana, curiosa tanto quanto me se non di più, e quando tornavamo a casa ci scrivevamo i bigliettini e ci correggevamo a vicenda, imparammo anche a disegnare con la nostra tavoletta, visto che tutte e due insegnavamo Arte.
Nel gruppo dei discenti eravamo le uniche due vedenti e le più lente ad imparare perche ogni tanto (spesso) facevamo le furbette e leggevamo con gli occhi e non con il tatto, i pomeriggi accompagnavamo una nostra vecchia collega, non vedente, e capivamo ancora di più cosa volesse dire vevere senza l'uso della vista, in poco tempo eravamo diventate bravissime a scansare gli ostacoli, a stare attente ai suoni della citta e ad usare i sussidi didattici che questa nostra collega ci faceva conoscere, cercavamo in ogni luogo le scritte in Braille per mettere in pratica quella che avevamo imparato.
Di quella esperienza ho ancora un ricordo molto bello, ma da allora sono passati tanti anni e io avevo come scordato le sensazioni provate quell'anno.
Qualche settimana fa, grazie a Paola Gandolfo dell'associazione "Spazio Libero onlus" ho avuto l'occasione di tornare a far parte di questa realtà, realizzando un quadro tattile per un suo progetto molto bello, una "visita sensoriale" all'interno del museo di Salemi in occasione della manifestazione,"Salemi, la notte è blu".
In quell'occasione ho voluto fare anch'io la visita bendata presso il museo e mi sono stupita di quello che è successo dentro la mia testa, vi spiego meglio.
Io mi vanto di conoscere il mio museo a menadito, conosco ogni statua, ogni quadro, ne conosco la storia l'architettura la collocazione di ogni opera, ma quella sera, entrando bendata le mie emozioni e la mia sensorialità sono state travolte e stravolte.
All'ingresso mi sentivo sicura di me e subito dopo essere stata bendata entrai nel museo, mi sono subito affidata ai ragazzi dell'associazione Xaire, miei amici, e 5 secondi dopo arriva lo smarrimento! il quadro che Leonardo spiegava veniva trasformato dalla mia fantasia, ma io conoscevo bene quel quadro, come era possibile! subito dopo vengo portata difronte al fonte battesimale del Gagini, ma senza vista solo con l'uso del tatto non riuscivo a distinguere l'angioletto e cercavo dentro il cassetto della mia memoria di ricollegare quello che toccavo con quello che conoscevo, ma nulla, difficilissimo.
Lasciata la prima stanza avevo già capito che tutto mi si mostrava in maniera diversa da quella che conoscevo e le mie certezze erano ormai svanite, in più la mia diffidenza era così grande che non riuscivo ad affidarmi ai miei accompagnatori, cercavo di toccare tutto, mettevo le mani avanti per paura di cadere e i rumori e il vocio delle altre persone del gruppo mi disturbava e mi confondeva, Ma la cosa apeggiore è stata non riuscire a distinguere il quadro sensoriale che io stessa avevo fatto, una settimana di lavoro, avevo ritagliato incollato e decorato pezzo per pezzo e adesso non lo riconoscevo, non ero in grado di distinguere neanche quello che io stessa avevo creato!
La mia testa era andata in tilt, mille domande mi venivano in mente, e forse per la prima volta mi avvicinavo veramente a questo mondo dove la fantasia i colori e la luce vanno guardati e cercati con il cuore e non con la mente!
è stata una esperienza molto bella, chiarificatrice e brutale nello stesso tempo, e oggi sono andata a prendere di nuovo la mia tavoletta per non dimenticare non solo una lingua ma per capire un modo d'essere.
Lidia Angelo